Give me madness,
Give me joy,
Give me a thousand doubts
which can annoy.
Don’t need to be safe,
Don’t need to be wise,
But let me feel the life
I can realize,
To be aware
There will be death,
And all of this
I will forget.
ORIGINALE IN INGLESE, traduzione italiana:
Datemi follia,
Datemi gioia,
Datemi mille dubbi
che portan paranoia.
Non ho bisogno di essere saggia,
Non ho bisogno di essere sicura,
Ma fatemi sentire la vita
finché matura.
Consapevole
che ci sarà la morte,
E di tutto questo
Non saprò la sorte.
La follia dei poeti è uno dei tòpoi più frequenti della letteratura. Tra i tanti contributi al riguardo mi piace questa pennellata, di Umberto Galimberti, che ne spiega potentemente l’origine e la dinamica.
«Dea titana, sorella di Krónos e Okeanós, madre delle Muse, il cui coro essa guarda e con le quali talvolta si confonde, Memoria “possiede” i poeti rendendoli “entusiasti”. Questa possessione (katokoché) sottrae il poeta al ritmo della vita quotidiana, alla scansione del tempo lineare, per portarlo in quella condizione di entusiasmo (enthousiasmós) che è tipica di chi ha in sé un dio (én-theos). Nell’entusiasmo, infatti, non parla più il poeta ma il dio che lo abita […]»
Niente follia, niente poeta, mi vien da dire ispirandomi allo slogan di una nota marca di spumante. Beh, Gilda, sei sulla buona strada. Che dire di più? Cin cin!