RACCONTO – Ancoraggio

RACCONTO – Ancoraggio

Si chinò per leggere l’etichetta. Il vestito aderente seguì la sua flessione accentuandone l’eleganza. Protese il mento mostrando un collo degno di nobiltà. 

– È ottimo, signora – si prodigò sollecito il cameriere dietro il tavolo del buffet – Invecchiato sette anni. Le preparò un cuba libre?  

Lei alzò prima lo sguardo verso l’offerente, poi si raddrizzò. Quando fu ben eretta lo apostrofò: 

– Quella roba fa male. Me lo prepari liscio con un po’ di ghiaccio, grazie. 

Il cameriere sospinse la testa indietro per la sorpresa, poi di fronte agli occhi che lo guardavano in attesa accompagnati da un placido sorriso, si ravvedette e prese un bicchiere. Versò il rum, un paio di cubetti di ghiaccio e lo porse alla signora. 

– Grazie – fece lei accennando un inchino col capo. 

Due ragazzi che avevano assistito alla scena mentre si riempivano il piatto di tartine e spiedini di olive, se ne andarono parlottando indecisi se stimare la situazione con curiosità, ammirazione o sdegno. 

L’uomo alla sinistra di lei invece restò. Lei dette le spalle ai tavoli e avanzò per far spazio a chi, dopo di lei, reclamava un drink. L’uomo aspettò che arrivasse a una distanza sufficiente per assicurarsi il riserbo dalle orecchie indiscrete dei camerieri e degli avventori del buffet e infine le si avvicinò. 

– Ha buon gusto in fatto di alcolici.

Con un movimento lento, lei girò la testa verso la sua destra e distese le labbra in un sorriso di cortesia. Lo stava aspettando. 

– Sane abitudini.

– Se sa quando fermarsi.

– Ho imparato quando fermarmi da molto giovane. Si è sempre fallibili però. Per esempio dovrei fermare subito questa conversazione. Pare che lei sia un uomo molto lunatico e temuto da tutti. 

– Sta flirtando con me? 

– In un luogo e una serata come questa sarebbe noioso non farlo. 

– Lei sembra una donna intelligente.

– Mi sto esercitando per l’opposto. Aspiro a una vita di vacua femminilità. 

– La stoltezza è dei saggi.

– Le basta un bicchiere di rum e un sorriso di disponibilità per difendere a tutti i costi un’idea senza fondamenti? 

– Mi basta la sua prontezza di risposta. 

Detto ciò girò di nuovo la testa in avanti. Non aveva mai ruotato il busto verso di lui né si era mossa col corpo. Lui, intuita la distanza, si era limitato a stare fermo alla sua destra, abolendo ogni istinto di pararglisi davanti. 

Lei alzò il bicchiere, bevve un sorso. Riabbassò il bicchiere. 

– Da quello che dicono lei difende a tutti i costi anche l’idea che ha di se stesso – gli disse senza guardarlo in faccia, mantenendo lo sguardo verso la sala. 

– Ha il vizio di tendere le orecchie alle voci altrui? – rispose lui guardando nella stessa direzione. 

– In realtà non molto, ma lei mi incuriosisce.

A quel punto lei cambiò posizione e si spostò per trovarsi dritta davanti a lui con un’aria di pacifica sfida. 

– Ogni persona rimane ancorata all’idea di se stessa – replicò lui prima che lei potesse parlare ancora. La guardò dritta negli occhi mostrando di non cedere alla malizia che vi leggeva.  

– Vero, ma non è sempre una cosa positiva – sentenziò lei inclinando la testa in un gesto di vaga provocazione.

– Mai detto che sia positiva. 

– Non troverebbe divertente rifarsi una nuova identità? Magari vivrebbe una vita migliore – gli disse portando il bicchiere all’altezza degli occhi. Ora si guardavano attraverso un velo ambrato.

– Da spendere con lei? – disse lui accondiscendente.

– Con qualcuno…  – rispose lei abbassando il bicchiere come se fosse svanito l’incanto. La malizia le si era spostata sulle labbra – Penso che me ne andrò. 

Lui sorrise. Sapeva che l’avrebbe persa ancora prima di conquistarla. Non si illuse, da lì a pochi secondi lei se ne sarebbe andata e non sarebbe più tornata. Ora o mai più, aveva l’ultima chance di fermarla, bastava una frase acuta, di quelle di cui era considerato maestro, ma non disse niente. In fondo lui non voleva cambiare, era a suo agio con quell’idea di se stesso.