ARTICOLO – Il processo decisionale

ARTICOLO – Il processo decisionale

La misurazione è una parte fondamentale del processo di ricerca scientifico. In realtà si tratta di un meccanismo che sta alla base di tutte le nostre decisioni quotidiane, ordinarie e straordinarie. 

Prendiamo le misure più spesso di quanto non pensiamo e più aumenta l’esperienza di vita più diventiamo accurati ed efficienti nel misurare le situazioni. 

«Se una misurazione è importante, è perché deve avere un effetto concepibile sulle decisioni e sul comportamento. Se non riusciamo a identificare una decisione che potrebbe essere influenzata da una misurazione proposta e come potrebbe cambiare tali decisioni, allora la misurazione semplicemente non ha valore» [1].

L’esperienza e l’istruzione insegnano a non agire di impulso e a considerare le variabili in gioco prima di prendere una decisione. Acquisire consapevolezza dei propri processi decisionali aiuta a ottimizzare il ragionamento e dirigerlo nella giusta direzione. 

Una certa organizzazione mentale è necessaria per stabilire un programma di azione e coordinare i passi per attuarlo. La coordinazione mentale si rispecchia in un certo modo nella coordinazione fisica ed è per questo che la lezione “Prendere le misure” comincia proprio con una sessione di riscaldamento basata su esercizi di coordinazione. 

Ovviamente prima ancora di programmare i passi occorre stabilire la direzione e non è sempre è qualcosa di scontato. Ci si può accorgere che ciò che si crede necessario, ciò che si crede di desiderare in realtà non è veramente quello che si vuole. Solo una forte determinazione accompagna verso l’obiettivo facendoci sentire decisi.

 

Garuda-āsana, posizione dell’aquila, è un modo per testare la determinazione nel raggiungere il proprio obiettivo.

 

Se manca quella fermezza forse occorre ripensare ai propri obiettivi. In caso contrario si rischia sì di arrivare a destinazione, salvo poi scoprire che non era il porto giusto cui approdare. Come ricorda un vecchio proverbio beduino: “Attento a ciò che desideri, perché di sicuro lo otterrai”. 

L’intenzione e la determinazione sono fattori necessari, ma non sufficienti, nel processo attuativo.

Occorre anche rendersi conto dei propri limiti avendo ben presente il principio di realtà [2]. Sapere se ho realmente gli strumenti, l’energia e la forza necessaria per mettere in pratica la mia intenzione e allo stesso tempo capire se ci sono le condizioni contingenti per farlo sono tutte “misurazioni” che si fanno più o meno consciamente. 

Ho già descritto come la consapevolezza aiuti a strutturare le nostre esperienze [3]. Il medesimo processo avviene sia nella fase decisionale che in quella dell’azione.

Una volta appurata la volontà, la forza, la possibilità e avviata l’azione, la consapevolezza rimane come strumento di monitoraggio.

Si tratta di una consapevolezza che misura costantemente i progressi, le conseguenze e le incongruenze di ciò che abbiamo scelto o di ciò che facciamo. Se non ci fosse questa parte non potremmo correggerci e non potremmo quindi migliorare. D’altronde la possibilità di migliorare è data anche dal grado di accettazione, di umiltà, dalla capacità di mettersi in gioco e dalla voglia di imparare sempre.

 

Sadhaka-āsana, posizione dell’adepto, ci mostra se siamo a nostro agio nell’umiltà.

 

Se ci si radica nella convinzione che il piano d’azione deciso a priori era giusto e non deve essere cambiato, la misurazione stessa perde di valore. Con la perdita di valore della misurazione, si perde anche la capacità di fare nuove scoperte su di sé e sul mondo, si perde insomma la capacità di crescere in esperienza e saggezza.

«La misurazione è il primo passo che porta al controllo e infine al miglioramento. Se non puoi misurare qualcosa, non puoi capirlo. Se non puoi capirlo, non puoi controllarlo. Se non puoi controllarlo, non puoi migliorarlo» [4].

La misura, in questo senso, è molto legata alla consapevolezza, per questo era un valore molto alto per gli antichi Greci, che vedevano la via del saggio nel katà mètron, la giusta misura.

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  1. Douglas W. Hubbard, in E-procurement for professional services, procure-manage-pay and the power of metrics (3 December 2013).
  2. «Il principio di realtà richiede l’accettazione di uno stato di tensione in cambio, in un prossimo futuro, di un piacere maggiore o di un dolore minore. Il principio di realtà e quello di piacere non sono da considerarsi antitetici, non agiscono in contrapposizione fra loro. Piuttosto il primo contribuisce a ridimensionare il secondo, costringendolo a tener conto di quelle che sono le condizioni reali di azione. Il principio di realtà non vieta al principio di piacere di esprimersi ma lo riporta entro certi limiti di azione». https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_realtà.
  3.  Cfr.  il mio articolo “A cosa serve la consapevolezza”.
  4. H. James Harrington, in CIO (settembre 1999).