ARTICOLO – Stare bene con gli altri

ARTICOLO – Stare bene con gli altri

Tra i tanti concetti affascinanti dell’antica Grecia c’è quello di eutrapelia.  Secondo Aristotele si trattava di una virtù e come tale poteva essere coltivata. L’eutrapelia in sostanza rappresenta l’armonia nelle relazioni. È la capacità di stare bene in compagnia, di porsi in maniera equilibrata con gli altri e in mezzo agli altri. Corrisponde alla definizione di armonia, quando si intende quest’ultima in senso lato, al di fuori delle sue accezioni musicali o compositive: 

«L’armonia è la Concordia di sentimenti e di opinioni tra più persone: essere, stare, vivere in armonia o in buona armonia, in pace, in perfetto accordo» [1].

La parola eutrapelia deriva dal verbo declinato trepo, mi volgo, unito al prefisso eu, che significa bene. Quindi eutrapelia significa “mi volgo bene”, “mi comporto bene”.  Non è però un comportarsi bene in senso etico, ma in un senso armonico appunto, un bene che fa stare bene me e gli altri. Questa stessa virtù sarà ripresa anche dai Latini prima e da Dante poi. In entrambi i casi mantiene questa accezione di piacevolezza dello stare insieme: 

«Questa virtù, dunque, che i Latini chiamavano iocunditas, comitas, o meglio ancora urbanitas, consiste nella capacità di vivere in compagnia, e nel saper godere debitamente del piacere di stare con gli altri, in cambio offrendo agli altri un atteggiamento cordiale e affettuoso». [2]. 

Si dice che i parametri di questa virtù siano due: il sorriso e la misura. La gentilezza che si esprime nel sorriso pone dispone all’incontro e all’apertura verso gli altri. La gentilezza senza saggezza però rischia di portare all’affettazione, alla esagerazione. 

Non esiste assolutezza incondizionata, neanche nelle virtù.

Ogni atteggiamento, per quanto buono e positivo, deve conoscere un limite, oltre il quale rischia di sortire l’effetto opposto. Per questo è indispensabile la misura, che è poi la caratteristica della saggezza [3].  Il saggio è consapevole delle situazioni, sa quando fermarsi e non esagera. È gentile e comprensivo, compassionevole e affettuoso senza smancerie. 

Queste qualità dovrebbero essere le stesse che caratterizzano un rapporto di amicizia sincero. C’è gentilezza, onestà, affetto, lealtà, ma anche franchezza, reciproco rispetto e riconoscimento della dinamica dell’amicizia stessa. Un’amicizia non è mai a senso unico, si dà e si riceve in maniera più o meno equa, quindi in un certo senso c’è un limite a ciò che si può chiedere e a ciò che situò dare. Su questo limite si costruisce il senso di armonia. Su questo confine l’amicizia prospera e rimane costante. 

«La virtù, la sanità fisica, ogni bene e la divinità sono armonia: perciò anche l’universo è costituito secondo armonia. Anche l’amicizia è uguaglianza armonica» [4].

Questo scambio di dare e avere è rappresentato nella lezione “La concordia di sentimenti” dal gesto detto apānaprānamudrā, gesto di scambio dell’energia. È lo scambio che genera l’equilibrio. Nello scambio avviene quella commistione armonica, che è pari alla costruzione di una sequenza musicale: si mettono insieme gli elementi delle due parti e li si armonizza. 

Per arrivare a uno scambio equo occorre però un percorso di riflessione su se stessi, sulle proprie emozioni, su come si conduce la propria vita. Quando si pacifica la propria vita interiore e la si armonizza con le attività quotidiane, ecco che diventa più facile anche relazionarsi con gli altri.  Se qualcosa disturba la mia interiorità, facilmente creerò un disturbo anche per qualcun altro (come fa Urvashi, la disturbatrice degli asceti). Se ho un rapporto difficile con il mio io, facilmente farò pesare il mio ego di fronte agli altri o esternerò emozioni in maniera esagerata (come lo starnazzare delle anatre).

eutrapelia
Karandava-āsana, posizione dell’anatra.

 

Solo quando sono in pace con me stesso/me stessa posso rivolgermi all’attenzione e alla compagnia altrui come i saggi. Si noti che molte posizioni di torsioni portano il nome di saggi. La torsione è letteralmente il volgersi a destra e a sinistra, volgersi a chi ci sta intorno.

Questo volgersi può essere “eu”, buono, può creare eutrapelia quando si è sviluppato l’equilibrio interiore. 

Allora si sarà capaci anche di dare un valore più profondo all’amicizia, acquisendo la piena consapevolezza di ciò che l’amicizia rappresenta proprio come fa Hanuman, l’esempio per eccellenza di amicizia e lealtà. Hanuman aveva colto perfettamente ciò che diceva Paramhamsa Yogananda: « L’amicizia mi è molto cara. Nella vera amicizia si coglie un barlume dell’Amico Supremo» [5].  

 

eutrapelia
Hanuman-āsana

 

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  1.   https://www.treccani.it/vocabolario/armonia/ .

  2.  Cfr. Eutrapelia su Treccani.

  3. Cfr. il mio articolo “Felicità oltre misura”.

  4.  Pitagora, citato in Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, 8.33.

  5. Paramhamsa Yogananda, Il Maestro disse, Astrolabio-Ubaldini, 1970.