La scienza oggi ci insegna che tante superstizioni e credenze sono basate sul sentimento e sulla speranza e non hanno nessun fondamento concreto. Sulla scia di questo pragmatismo oggi sono superati anche molti rituali segnavano i passaggi importanti della vita di ogni persona.
Ogni cultura di ogni luogo e tempo ha sviluppato dei riti, molti dei quali sono dei veri e propri riti iniziatici.
Un rito iniziatico è di fatto un rito di passaggio e non importa che esso sia generato all’interno di una setta o di una particolare disciplina. Ciò che lo contraddistingue è che esso è generato all’interno di un gruppo.
«Un rito di passaggio è un rituale che segna il cambiamento di un individuo da uno status ad un altro. […] I riti di passaggio permettono di legare l’individuo al gruppo, ma anche di strutturare la vita dell’individuo a tappe precise, che permettono una percezione tranquillizzante dell’individuo nel rapporto con la sua temporaneità e con la sua mortalità» [1].
Il senso del rituale è molto vicino a ciò che oggi ricerchiamo con lo yoga e la mindfulness.
Si tratta della consapevolezza. Il rituale sancisce e imprime nella mente della persona quel particolare passaggio, apre la consapevolezza di ciò che adesso quella persona affronterà e quindi, volenti o nolenti, cambia la percezione di sé e del proprio rapporto con il mondo circostante.
«I riti di passaggio di solito comportano attività rituali e insegnamenti progettati per spogliare gli individui dei loro ruoli originali e prepararli per nuovi ruoli» [2].
Abbiamo conservato molti rituali, anche se non sempre li riconosciamo come tali. Il fatto di festeggiare per esempio una promozione, una laurea, il Capodanno, il compleanno, è legato non solo e non tanto alla gioia dell’evento, quanto al cambiamento che esso porterà o che pensiamo possa portare. In alcune cultura ancora oggi vi sono riti che sanciscono il primo menarca, la pubertà nel ragazzo, la menopausa, ecc.
L’attenzione e la cura che si dà a queste celebrazioni rendono l’importanza del passaggio e aiutano a vivere il presente. Il momento del passaggio è esaltato perché ha una sua durata ed è una specie di limbo. Non sono più quello che ero prima, mi preparo per divenire quello che sarò.
La mia consapevolezza si concentra sulla trasformazione e sul senso del passaggio, perché la vita è un susseguirsi di passaggi.
Questa consapevolezza è presa in profonda considerazione nei percorsi di crescita personale e di psicoterapia, attività che non a caso oggi sono molto ricercate. Anche la meditazione si basa sulla consapevolezza e così lo yoga. Nello yoga si gioca sullo sviluppo dell’attenzione al corpo e a ciò che si sta vivendo in ogni posizione. A un piano più sottile si lavora sul piano archetipale dei singoli āsana.
La pratica può essere ulteriormente arricchita dal livello archetipale dell’intera sequenza.
«Così come le posizioni devono essere belle, così la sequenza deve richiamare il legame con il Creato, in quanto si esegue al fine di una presa di coscienza che porti evoluzione umana e spirituale. Ripercorrere nella sequenza di âsana la filogenesi e l’ontogenesi dell’essere umano è una modalità atta a questo scopo, in quanto permette di rivivere le tappe evolutive che hanno segnato la condizione dell’uomo fino ad arrivare allo stato attuale. La filogenesi concerne la storia delle trasformazioni avvenute per evoluzione nelle varie specie di organismi viventi; l’ontogenesi è la storia delle diverse fasi di sviluppo di un singolo essere vivente dallo stato embrionale alla senescenza.
La pratica dovrebbe quindi cominciare con le posizioni invertite, perché l’embrione giace nel ventre della madre a testa in giù.

Una volta nato, il bambino è in grado solamente di giacere supino ed ecco che gli âsana supini sono i secondi nella sequenza; poi acquisisce la capacità di ruotare prono; riesce a mettersi sulle ginocchia e a gattonare; solo dopo aver gattonato è capace di stare seduto; infine come ultimo passo impara l’equilibrio in stazione eretta. Ogni qualvolta raggiunge e padroneggia uno stadio può esplorare tutte le capacità di movimento del corpo a quel livello. Quando si struttura in maniera più stabile, il bambino sarà capace di controllare il corpo tanto da poter restare in equilibrio anche su una sola gamba o persino sulle mani, posizioni da assumere in coda alla sequenza.
Sul piano della filogenesi, basti ricordare che la vita è cominciata dall’acqua: dagli anfibi ai rettili, dai rettili ai mammiferi, infine ai primati e da questi all’uomo.
Così è a grandi linee la storia evolutiva degli esseri umani.
Ebbene nell’acqua non ha grande valenza la gravità e si può stare con i piedi verso l’alto e la testa verso il basso; i primi animali che uscirono dall’acqua avevano acquisito la capacità di strisciare per terra; i rettili e poi i mammiferi riuscirono a portarsi «a quattro zampe», ma solo i primati riuscirono a sedersi bene sulle natiche e a sollevarsi agevolmente sulle zampe posteriori. La postura eretta è una conquista relativamente recente dell’uomo» [3].
Lavorare in questo modo permette di sperimentare e sentire nel profondo il processo di crescita. È qualcosa che avviene a livello subconscio e che ha un forte impatto sulla psiche, tanto che contribuisce a quel senso di benessere che ogni sessione di yoga sa rendere.
Solitamente è più facile lavorare su questo tipo di sequenze in lezioni dalla durata di un’ora circa.
La lezione “I riti di passaggio” ripercorre, evidenziandolo, il cammino ontogenetico in una lezione breve di 35 minuti. La consapevolezza è portata sulle fasi più basilari della propria vita, lo scopo è saper accogliere le successive dando loro il valore alto che meritano.
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