A differenza di ciò che comunemente si pensa, il termine per la realizzazione spirituale in ambito yoga non è tanto illuminazione, quanto liberazione.
Lo scopo dello yoga è giungere al grado di libertà più alto che un essere umano possa concepire e sperimentare. Ciò equivale a liberarsi della paura più grande che l’uomo ha: la morte.
La morte fa paura, perché identifichiamo la nostra esistenza con il funzionamento della mente e il riconoscimento del proprio ego in questa vita. La morte toglie la capacità di adoperare la mente e imporre l’ego, dissolvendo ogni traccia di sé, o meglio di quello che pensiamo essere il nostro Sé. Non a caso tutte le religioni hanno postulato un “dopo vita” in cui in qualche modo la mente e l’ego sono conservati: nell’aldilà, paradiso o inferno che sia, nella sopravvivenza come spirito che aleggia intorno ai viventi, o nell’idea di rinascita. Di fatto, persino nei luoghi in cui nasce l’idea di liberazione, permane una teoria, quella della rinascita, che funge da consolazione per chi non riesce a raggiungere quell’ideale così alto del saggio liberato o illuminato che dir si voglia.
Per il saggio l’idea di rinascita è qualcosa di ancora fortemente legato al grande “errore” dell’essere umano, ovvero della sua illusione che ciò che lo circonda sia tutto ciò che esiste, e che perdendo la mente e l’ego con la morte, si perde la vita.
«L’essere vivente che si identifica con il mondo visibile è detto condizionato, mentre quando le coperture materiali sono dissipate è detto liberato. L’illusione del mondo è una proiezione della mente, e finché non cessa non si può raggiungere la liberazione» [1].
Niente condiziona più della paura.
Ogni nostro condizionamento è dovuto alla paura: paura di non essere riconosciuti a livello sociale o familiare, paura di non essere amati, paura di rimanere soli, paura di non poter esercitare il nostro libero arbitrio o la nostra volontà, paura del dolore e della malattia. Tutti questi condizionamenti derivano dalla mente, che nella ricerca del piacere e nella fuga dalla paura, si attacca a ciò che vede e sperimenta:
«La mente è l’unica causa di legame e liberazione per tutti; quando è attaccata agli oggetti dei sensi crea dei legami, mentre quando si distacca dagli oggetti dei sensi porta alla liberazione» [2].
Staccarsi dagli oggetti dei sensi significa anche superare le paure. Può superare le paure solo colui che si trova ben radicato in se stesso e che sul piano più profondo non ha bisogno di niente (senza togliere per questo il riconoscimento dell’interazione e del bisogno degli altri e delle cose su un piano più superficiale).
«La liberazione in questa vita si raggiunge quando si trova la vera felicità interiore» [3].
La vera felicità interiore deriva dall’esperienza radicale della liberazione. Attraverso un percorso che sgretola progressivamente le strutture fittizie dell’esistenza e quindi ogni attaccamento della mente, il praticante yoga arriva a sperimentare uno stato di perfetta libertà, assenza di paura e profonda beatitudine. In quel momento capisce che l’esistenza è fatta sì di eternità, ma in termini completamente diversi da quelli conosciuti dalla mente e dall’ego.
«La liberazione è l’esistenza allo stato naturale, che è spirituale e libero dalle proiezioni mentali, dalle differenze tra veglia e sonno. La natura spirituale è la consapevolezza serena, non inerte, in cui l’ego è dissolto» [4].
Certo, occorre una buona dose di coraggio per pensare di abbandonare tutte le certezze nell’idea che ci sia una certezza più radicata e allo stesso inconsistente, perché non formulata dal normale pensare. Ogni uomo sa dentro di sé che ciò che vive è un’illusione (la classica idea ad esempio che per quanti soldi si possano avere, non si porterà niente con sé alla morte), ma ogni uomo elude questo pensiero per evitare l’angoscia che lo accompagna. Tale angoscia, però si riaffaccia nella vita in altri modi, che creano a loro volta sofferenze, perché, anche se non lo vuole ammettere, la strada della liberazione è l’unica percorribile per la vera felicità. L’uomo, come affermava Sartre, è condannato ad essere libero.
________________________
Questo articolo nasce come accompagnamento alla lezione pratica “L’esistenza allo stato naturale”, una sequenza nata con l’idea di confrontarsi con i condizionamenti dati dalla nostra stessa mente.
________________________
1. Mahata Upanishad, 4.44-49.
2. Satyayani Upanishad, 1.
3. Mahata Upanishad, 4.29-38.
4. Mahata Upanishad, 5.1-7.