ARTICOLO – La critica come via alla realizzazione

ARTICOLO – La critica come via alla realizzazione

Viveka” è una parola chiave nello yoga e indica la capacità di discernimento, il potere della discriminazione. È un segno di saggezza, perché rappresenta la capacità di distinguere e classificare le cose secondo le loro reali, effettive proprietà.

Non è un caso se una delle metafore più usate per rappresentare le qualità dello yogin è quella del cigno, perché, si dice, il cigno è capace di separare il latte dall’acqua. Finché non c’è questa capacità, l’uomo vive nella confusione, si attacca a cose che non hanno effettiva importanza, non è capace di discernere la Verità dall’Illusione.

Nel linguaggio corrente viveka si traduce con “critica”.

A dispetto dell’uso odierno di questa parola, che assume troppo spesso connotazione negativa,  la critica è innanzitutto capacità di discernimento:

«La critica è la Facoltà intellettuale che rende capaci di esaminare e valutare gli uomini nel loro operato e il risultato o i risultati della loro attività per scegliere, selezionare, distinguere il vero dal falso, il certo dal probabile, il bello dal meno bello o dal brutto, il buono dal cattivo o dal meno buono, ecc» [1].

Siamo più abituati a usare il verbo “criticare” come espressione e sinonimo di biasimo, condanna, disapprovazione, che a declinare la parola critica in una facoltà utile per la nostra evoluzione: il senso critico.

Il senso critico, detto anche pensiero critico, è «è la capacità di pensare in modo chiaro e razionale, comprendendo la connessione logica tra le idee» [2].

Il senso critico si basa sulla raccolta di informazioni utili ed oggettive, in moda da poter formulare un giudizio neutro sulla questione affrontata ed eventualmente comprendere, pianificare, attuare strategie volte a trovare una soluzione se ce n’è bisogno. Il pensiero critico è ciò che ci fa comprendere la realtà in cui viviamo, perché la analizza più oggettivamente possibile. Con un senso più realistico delle cose, siamo noi stessi più piantati, radicati nell’esistenza, oltre che più oggettivi, e ciò può aiutarci ad aprire la mente, quindi evolverci, superando illusioni e pregiudizi.

Le illusioni e i pregiudizi sono alla base dell’ignoranza anche secondo i testi dello yoga:

«L’avidya, l’ignoranza, è prendere il non-eterno, l’impuro, il male e il non-atman per eterno, puro, buono e atman rispettivamente» [3].

Gli uomini soffrono per via della loro ignoranza.

Solo superando l’ignoranza si può sperare di vivere più serenamente, perché coscienti della nostra natura reale, quella spirituale, e meno attaccati a ciò che illusorio, transitorio e transeunte. L’ignoranza non è certo un ostacolo semplice da superare e richiede un percorso lungo e intenso. Lo yoga stesso mira a dissolvere l’ignoranza, è lo scopo primario: si cerca di fermare i pensieri, di tenere a bada l’ego, di purificare la memoria per poter contemplare ciò che risiede sul fondale di questo mare sempre agitato, la nostra vera natura.

I mezzi sono quelli dell’ashtanga-yoga di Patanjali o degli altri anga dei vari testi tantrici. Sono tanti esercizi che aiutano, che allenano la mente (e il corpo come ausilio) ad andare in una certa direzione, ad orientarsi in un certo modo. Alla base di tutto questo però ciò che conta è il viveka:

«L’esercizio ininterrotto della viveka-khyati (consapevolezza del Reale) è il mezzo per la dispersione (dell’avidya)» [4].

Il cammino yoga non comincerebbe nemmeno se non sorgesse viveka.

È quando comincio a pensare che qualcosa non va nel mio modo di essere, di vivere, di vedere le cose, che comincio a interessarmi a discipline come lo yoga. L’approccio può essere fisico o mentale, ma parte sempre da una domanda e da un’esigenza di risposte. Persino chi approccio lo yoga per un mal di schiena porta in sé questa domanda, altrimenti si rivolgerebbe a un fisioterapista o praticherebbe una semplice ginnastica posturale.

 

viveka
Sayana-buddha-āsana, posizione di riposo del Buddha. Il Buddha è sinonimo di saggezza.

La curiosità per lo yoga nasce da viveka, il cammino yoga si arrichisce end evolve tramite viveka, e culmina nel viveka-khyati, che nel verso sopra è tradotto come “consapevolezza del Reale, ma che è sostanzialmente la discriminazione introietta, fatta propria. Al livello della viveka-khyati il discernimento non è più solo un dubbio, una questione intellettuale, ma è qualcosa che diventa parte di sé, una certezza, una capacità di vedere il mondo per quello che è, la discriminazione assoluta, pura della Realtà dall’Illusione.

Questo viveka è critica. La viveka-khyati è la capacità di usare la critica al massimo della sua potenzialità.  Per questo è importante ripristinare il corretto valore e ancor più l’uso corretto della parola critica:  la capacità di critica, lo sviluppo del senso critico, è uno strumento fondamentale nella via verso la realizzazione spirituale.

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  1. https://www.treccani.it/vocabolario/critica/ .
  2. https://www.scuoladipaloalto.it/articoli/il-pensiero-critico .
  3. Patanjali, Yoga-sūtra, 2.5.
  4. Paanjali, Yoga-sūtra. 2.26.

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