ARTICOLO – Hypomoné

ARTICOLO – Hypomoné

La speranza può essere vissuta in maniera attiva o passiva. La speranza attiva è un motore del pensiero e dell’azione, fa leva sull’ottimismo e sulla fiducia, e implica il mettersi in gioco; la speranza passiva blocca l’azione e si tramuta in attesa. Si è portati a pensare che questa attesa possa prendere una connotazione positiva associandola all’idea di pazienza, ma anche la pazienza può essere sia attiva che passiva.

La pazienza attiva, direttamente collegata alla speranza, si esprime pienamente nel concetto greco di hypomoné, che è molto presente nella teologia cristiana.

Hypomoné si traduce in genere come pazienza o perseveranza.

Letteralmente indica l’azione del rimanere fermi (dal verbo greco menein), sottoposti (hypo = sotto) a qualcosa. Nell’hypomoné quell’essere fermi non è però da intendere in senso meccanico, ma morale. Si tratta di resistere alle circostanze avverse, tollerare, pazientare, attendere, rimanendo fermi nella certezza che le cose miglioreranno (che nel cristianesimo si traduce come “Cristo tornerà”). C’è inoltre un senso ulteriore di questo “stare sotto”, che è quello del sostenere, farsi carico.

L’hypomoné porta in sé dunque un senso di resistenza e resilienza e allo stesso tempo un senso di responsabilità. L’attesa non è passiva, perché è fiduciosa e perché prevede un atteggiamento attivo da parte di chi attende.

«La speranza è tipica dell’uomo che, come afferma Edmund Husserl, «è un essere che progetta il suo futuro» poiché è mosso dal desiderio di una vita più felice di quella che vive nel presente e quindi esplora «con il pensiero e l’immaginazione le strade per arrivarci.» [1].

Con Husserl trasliamo l’hypomoné a un piano laico. Ogni persona che spera, sta attivamente progettando il proprio futuro. In questo senso la speranza diventa il primo motore dell’azione, perché il pensiero stesso è generato dalla speranza:

«Noi pensiamo al possibile perché speriamo di poterlo realizzare. La speranza è il fondamento del pensiero» [2].

Certo, come in ogni progetto ci sono ostacoli e incertezze. Poiché gli ostacoli sono in larga parte imprevedibili, sopraggiunge anche il timore, la paura di non riuscire a realizzare ciò che si desidera. La paura può frenare o anche bloccare l’azione e allora la speranza cambia colore passando da attiva a passiva. Diventa mera attesa timorosa, un’attesa in cui la pazienza non è più associata alla resistenza dell’hypomoné, ma solo a quel timore generalizzato e a-specifico che è l’ansia.

L’ansia è l’opposto dell’hypomoné.

L’ansia è generata dalla paura e la paura è generata dall’attaccamento, che a sua volta è generato dal desiderio. Lo yoga ha da sempre indicato nel desiderio l’origine di tutte le nostre emozioni negative (dall’invidia all’arroganza, dalla paura alla rabbia). Per questo in ogni contesto yoga e soprattutto in quello dello Yoga-darshana di Patanjali si insiste su vairagya, il distacco.

Diversamente da quanto si è portati a credere il distacco non è un atteggiamento di indifferenza nel suo senso più spregiativo (menefreghismo), né un’assenza totale di emozioni (vista come freddezza), né tanto meno una mancanza di progettualità o un abbandono dell’azione.

Vairagya presuppone un atteggiamento di imperturbabilità (l’atarassia degli antichi Greci).

Tale atteggiamento consente di rimanere fermi, saldi, anche di fronte alle circostanze avverse, di sostenere i carichi senza soccombere sotto di essi, di agire e progettare senza nutrire particolari aspettative e quindi senza cadere nell’ansia. Il tutto nell’idea che con il distacco si possa superare la sofferenza, perché c’è la certezza, come dicevo in un articolo del mese scorso, che: «Heyam duhkham anāgatamLa miseria non ancora venuta può e deve evitarsi» [3]. In questo senso si può dire tranquillamente che il vairagya è la versione yoghica dell’hypomoné!

hypomoné
Paarvata-āsana, posizione della montagna sacra, è una postura orgogliosa, decisa, centrata, so cosa voglio; allo stesso tempo è una postura che esprime devozione, le mani sono in preghiera e rivolte al cielo.

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La  lezione “Il fondamento del pensiero”, in diretto rapporto con questo articolo, propone una sequenza che è un lavoro di consapevolezza sul proprio rapportarsi al futuro, alle basi mentali con cui lo costruiamo.

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  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Speranza
  2. Francesco Alberoni, La speranza, Milano Rizzoli, 2002, p.31
  3. Patanjali, Yoga-sūtra, II.16.