Ārjava è un precetto, che si trova in tantissimi testi yoghici, dalle Upanishad alla Bhagavad-gītā. Significa mitezza, mansuetudine, sincerità, semplicità, rettitudine, schiettezza, onestà, apertura di cuore, umiltà.
«Ārjava significa rettitudine, sincerità e armonia nei pensieri, nelle parole e nelle azioni di una persona verso se stessa e verso gli altri.» [1].
Per quanto presente nella letteratura yoghica, ārjava non è ricordato come uno dei precetti maggiori, probabilmente perché non annoverato negli Yoga-sūtra di Patanjali. Eppure il suo significato non è poi molto lontano dal concetto, in lingua pali, di mettā, la cosiddetta gentilezza amorevole, che invece ha avuto un grande successo in ambito buddista. Probabilmente la diffusione della mettā è dovuta al fatto di averla trasformata in una tecnica di meditazione, un vero e proprio esercizio da coltivare costantemente.
«Il poeta maharashtrano Vāmana, nell’Avigita, al capitolo XVI.1, postula che arjava è una forma di onestà e purezza in una persona, e una virtù essenziale affinché si possano trattare tutti allo stesso modo, che si tratti del proprio figlio, della moglie, di un parente, di un amico, di uno sconosciuto, di qualcuno ostile o di se stessi, senza alcuna discriminazione» [2].
Vāmana descrive ārjava nello stesso identico modo in cui si esegue la meditazione della gentilezza amorevole, ma non ne fa una tecnica o perlomeno non menziona l’idea che si possa usarlo come oggetto di concentrazione. In ogni caso sia la mettā che ārjava mirano a costruire una equanimità interiore e una visione positiva e propositiva del mondo.
«Ārjava significa mantenere l’equanimità impegnandosi in azioni positive e astenendosi dalle azioni negative» [3].
Come per tutti gli yama e i niyama, anche nel caso di ārjava, la rettitudine deve divenire una caratteristica interiore, qualcosa che deve cambiare la persona da dentro. Dunque se questa trasformazione non avviene attraverso una tecnica, l’unico altro modo in cui essa possa avvenire è la continua autoanalisi, la continua consapevolezza, che è il tratto distintivo degli yama e dei niyama nominati negli Yoga-sūtra di Patanjali. Non a caso essi sono detti dallo stesso Patanjali mahā-vratam, il grande voto, proprio per il fatto che sono da perseguire continuamente, costantemente e non solo in un particolare momento dedicato come quello di una dharanā.
Non c’è dubbio che mettere insieme i due modi assicura ancora migliori risultati: meditarci sopra e portare con sé nella propria giornata la consapevolezza che si è acquisita durante la meditazione è evidentemente il modo più completo per assicurarsi un profondo cambiamento interiore. Tale cambiamento prevede una rettitudine spontanea, un pensare solo il meglio di sé e degli altri, l’essere equanimi davvero, senza ipocrisie nei propri confronti e in quelli altrui. Questo non può che portare serenità e positività interiore.
«Ārjava è una virtù che permette di agire e vivere senza ansia, rabbia, pregiudizi, conflitti interiori o confusione.» [4].

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La lezione pratica di hatha-yoga “Ārjava”, in diretto rapporto con questo articolo, è dedicata a una analisi del concetto di ārjava.
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- https://en.wikipedia.org/wiki/Arjava
- Ibidem.
- Shandilya Upanishad, 1.1.
- https://en.wikipedia.org/wiki/Arjava