ARTICOLO – Contatto pubblico

ARTICOLO – Contatto pubblico

La caratteristica forse più emerita degli Yoga-sūtra di Patanjali è la loro sintesi. Patanjali è riuscito a sintetizzare in pochissime frasi un’intera weltanschauung, un’intera visione filosofica del mondo. Non a caso la forma scritta usata nel testo è quella degli aforismi. Un esempio semplice e diretto di questa capacità di sintesi è il termine brahmacharya. Chi non tiene conto della forma aforistica del testo, limita il significato di brahmacharya alla sola continenza sessuale. Esso però significa molto di più: è un invito a non consumare energie se non finalizzate al proprio obiettivo.

Il cammino yoghico è lungo e arduo, richiede dedizione, concentrazione e tanta energia.

Non è tanto o non è solo il sesso a portare via risorse energetiche per la pratica e lo studio yoga. Lo spreco lo si può attuare in tanti modi, tra cui per esempio perdere tempo in chiacchiere oziose e peggio ancora in pettegolezzi. In altri contesti yoghici questa sfumatura di brahmacharya prende il nome di prajalpa, un termine composto da jalpa che è una chiacchiera, un discorso, una conversazione e pra, un prefisso che di fronte ai sostantivi indica un eccesso. Prajalpa sono dunque le chiacchiere eccessive e i pettegolezzi.

«È sconsigliato dedicarsi a chiacchiere o pettegolezzi inutili, poiché distolgono l’attenzione dal servizio e dall’adorazione del Signore. Pertanto, Prajalpa è considerato un ostacolo alla consapevolezza e alla devozione spirituale, esortando i praticanti a concentrare le proprie conversazioni su Krishna per migliorare il proprio percorso spirituale» [1].

Ora, capita a tutti di cadere in discorsi futili e persino di spettegolare, ma può capitare ancora più facilmente se ci dedichiamo molto alla socialità. Janasamga letteralmente significaincontrarsi con la gente” e nella Hathayoga-pradīpikā è indicato come un ostacolo alla realizzazione dello Yoga. In molti contesti, specie quelli vishnaviti e devozionali, questo precetto viene vissuto non tanto come incontrare in generale le persone, ma incontrare le persone che non condividono lo stesso cammino:

«Nell’Induismo, janasamga indica gli effetti dannosi dell’associarsi con non devoti o individui materialisti, che potenzialmente ostacolano il progresso spirituale, e sottolinea l’importanza di circondarsi di puri devoti.» [2].

Janasamga dunque è tradotto come “associarsi a cattive compagnie”, ma dipende appunto molto da contesto: nella sfera del bhakti-yoga per esempio l’associazione con le persone è una parte fondamentale del percorso yoghico. Nello yoga devozionale infatti si prega insieme, si canta insieme, si balla insieme e spesso si vive insieme. Tutt’altra cosa è invece la sfera dello hatha-yoga, dove, per quanto esistessero ed esistano comunità e sette che condividevano degli spazi comuni, la via preferenziale per la realizzazione è quasi sempre stata quella del ritiro nella foresta, nelle grotte o in un luogo isolato. Di fatto nel primo capitolo della Hathayoga-pradīpikā abbiamo al verso 15 il monito di evitare la relazione con la gente in quanto ostacolo al cammino, e al verso 16 il suggerimento dell’abbandono del contatto pubblico come via per la realizzazione.

Di nuovo janasangaparityāga, letteralmente il “lasciar andare il contatto con la gente” in alcuni contesti è vissuto non necessariamente come solitudine, ma come distacco da quelle persone che distraggono dal cammino spirituale.

«Accettare la compagnia di persone virtuose, evitare quella di persone immorali, non rimanere in famiglia o in società ma rimanere nella foresta senza creare una casa artificiale sono alcune soluzioni fornite dall’Ayurveda per la persona che desidera l’autoliberazione. Tutte queste soluzioni sono importanti per mantenersi distaccati dalla vita mondana superando i sensi» [3].

In tutto questo è sottinteso un messaggio relativo al non-attaccamento e all’indipendenza emotiva. L’uomo è un animale sociale e ha bisogno degli altri, ciononostante può e deve imparare a costruire una sicurezza interiore e per questo deve essere anche capace di isolarsi, deve saper stare solo a momenti o a periodi e starci serenamente.

La costruzione di solide basi interiori e la capacità di affrontare la solitudine permettono di allacciare relazioni più sane, perché non dipendenti dai bisogni sovrastrutturali. Per bisogni sovrastrutturali si intendono quei bisogni che nascono dalle insicurezze, dalle paure, dai vissuti e dalle conseguenti dinamiche disfunzionali che quei vissuti instaurano nella persona. Questi sono gli ostacoli più profondi alla realizzazione personale. Una volta superati, il contatto con le persone non può che divenire costruttivo e piacevole, perché a quel punto si sa moderare ed equilibrare compagnia e solitudine, e soprattutto si sa riconoscere spontaneamente una buona compagnia.

«La buona compagnia lungo il cammino, dice il proverbio, è la scorciatoia più breve.» [4].

 

distacco emotivo
Kurma-āsana, posizione della tartaruga. La tartaruga è usata spesso come metafora dello yogin: come la tartaruga anche lo yogin è capace di ritirarsi dentro di sé, mettendo il pratica il pratyahara, il ritiro dei sensi dall’esterno per esplorare il mondo dentro di sé

 

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La  lezione pratica di hatha-yogaJanasamga”, in diretto rapporto con questo articolo, è dedicata alla capacità di discriminare tra buone e cattive compagnie.

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  1. https://www.wisdomlib.org/concept/prajalpa
  2. https://www.wisdomlib.org/concept/janasamga
  3. Review of Factors Promoting Hathayoga and their Analysis through Ayurvedic Fundamentals, Savita S. Nilakhe et al., pubblicato su Bulletin of Environment, Pharmacology and Life Sciences, July, 2023.
  4. Oliver Goldsmith, Il vicario di Wakefield, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1966.